Condividi:
PESCARA. Un autovelox approvato ma privo di omologazione ministeriale è da considerarsi illegittimo. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con un’ordinanza depositata il 1° ottobre, accogliendo il ricorso di un automobilista multato lungo la statale 153 di Bussi, nel tratto al km 780, dove è installato uno dei dispositivi più contestati della provincia di Pescara.
La decisione segna un punto fermo: senza omologazione, la multa non vale. L’approvazione del dispositivo non basta. A sottolinearlo è anche l’associazione nazionale Globo Consumatori, che definisce la pronuncia della Suprema Corte «un importante strumento di tutela per gli automobilisti sanzionati con apparecchi non conformi alle norme».
«La Cassazione — spiega il presidente Mario Gatto — ha ribadito un principio giuridico chiaro: l’approvazione ministeriale è solo un passaggio tecnico preliminare, ma non può sostituire la vera e propria omologazione, che è l’unica a conferire validità legale al dispositivo».
Secondo la stessa associazione, la mancanza di un regolamento attuativo — assente da oltre trent’anni — crea un vuoto normativo che alimenta contenziosi e incertezze. «L’omologazione», precisa Gatto, «spetta esclusivamente all’ex Ministero dello Sviluppo Economico, oggi Ministero del Made in Italy, come previsto dall’articolo 142 del Codice della Strada. E solo con quel sigillo l’autovelox può essere ritenuto pienamente legittimo».
Tuttavia, l’ordinanza non ha valore retroattivo. Ciò significa che potranno beneficiarne soltanto gli automobilisti che hanno presentato ricorso nei termini di legge. «La pubblica amministrazione può comunque installare e utilizzare apparecchi non omologati — conclude Gatto — ma se il cittadino contesta la multa, e il ricorso è ben impostato, la Cassazione ora gli dà ragione».
La pronuncia smentisce così quanto stabilito in precedenza dal tribunale civile di Pescara, che aveva ritenuto sufficiente la semplice approvazione ministeriale. Con la nuova ordinanza, però, i giudici supremi mettono fine a ogni ambiguità: per essere legittima, una sanzione da autovelox deve provenire da un dispositivo regolarmente omologato.
La decisione segna un punto fermo: senza omologazione, la multa non vale. L’approvazione del dispositivo non basta. A sottolinearlo è anche l’associazione nazionale Globo Consumatori, che definisce la pronuncia della Suprema Corte «un importante strumento di tutela per gli automobilisti sanzionati con apparecchi non conformi alle norme».
«La Cassazione — spiega il presidente Mario Gatto — ha ribadito un principio giuridico chiaro: l’approvazione ministeriale è solo un passaggio tecnico preliminare, ma non può sostituire la vera e propria omologazione, che è l’unica a conferire validità legale al dispositivo».
Secondo la stessa associazione, la mancanza di un regolamento attuativo — assente da oltre trent’anni — crea un vuoto normativo che alimenta contenziosi e incertezze. «L’omologazione», precisa Gatto, «spetta esclusivamente all’ex Ministero dello Sviluppo Economico, oggi Ministero del Made in Italy, come previsto dall’articolo 142 del Codice della Strada. E solo con quel sigillo l’autovelox può essere ritenuto pienamente legittimo».
Tuttavia, l’ordinanza non ha valore retroattivo. Ciò significa che potranno beneficiarne soltanto gli automobilisti che hanno presentato ricorso nei termini di legge. «La pubblica amministrazione può comunque installare e utilizzare apparecchi non omologati — conclude Gatto — ma se il cittadino contesta la multa, e il ricorso è ben impostato, la Cassazione ora gli dà ragione».
La pronuncia smentisce così quanto stabilito in precedenza dal tribunale civile di Pescara, che aveva ritenuto sufficiente la semplice approvazione ministeriale. Con la nuova ordinanza, però, i giudici supremi mettono fine a ogni ambiguità: per essere legittima, una sanzione da autovelox deve provenire da un dispositivo regolarmente omologato.