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Si riaccende il fronte giudiziario sulla tragedia di Rigopiano. Il sostituto procuratore generale di Perugia, Paolo Barlucchi, ha avanzato la richiesta di condanna a tre anni e dieci mesi nei confronti di sei funzionari della Protezione civile regionale abruzzese coinvolti nel giudizio di appello bis relativo al disastro che, il 18 gennaio 2017, costò la vita a 29 persone, travolte dalla valanga che seppellì l’hotel.
Il nuovo procedimento è in corso davanti alla Corte d’Appello di Perugia, su disposizione della Corte di Cassazione che, lo scorso 4 dicembre, ha ridefinito il quadro delle responsabilità. In quella pronuncia sono state confermate alcune condanne, come quella per falso nei confronti dell’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, mentre sono state annullate quelle relative all’ex sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, a un funzionario comunale e a due tecnici della Provincia, con rinvio parziale per un nuovo esame.
Diversa la posizione dei sei dipendenti della Protezione civile regionale, già assolti nei precedenti gradi di giudizio dalle accuse di disastro, lesioni e omicidio colposo. Secondo Barlucchi, però, emergerebbero profili di responsabilità penale tali da giustificare una condanna per omicidio colposo plurimo non aggravato, in concorso con il reato di crollo colposo aggravato dal danno prodotto.
Nel corso della requisitoria, il magistrato ha richiamato le motivazioni della Cassazione, secondo cui il disastro non sarebbe stato un evento imprevedibile: la prevenzione, ha ricordato, rappresenta il cardine della tutela della sicurezza collettiva. In particolare, sarebbe stato doveroso riconoscere e classificare l’area di Rigopiano come zona a rischio valanghe con largo anticipo, una scelta che avrebbe comportato limitazioni o divieti di accesso e un uso rigorosamente regolamentato delle strutture presenti.
Secondo l’accusa, una corretta valutazione del rischio ambientale e l’attivazione delle procedure previste avrebbero potuto evitare la tragedia. Se fosse stata attuata la dovuta classificazione valanghiva, sostiene Barlucchi, le misure conseguenti avrebbero impedito che l’hotel fosse operativo in condizioni tanto pericolose.
Negli stessi giorni, il procuratore ha formulato analoghe richieste di condanna anche per altri imputati coinvolti nel procedimento, tra cui i tecnici della Provincia di Pescara, l’ex sindaco di Farindola e un funzionario comunale, sottolineando come l’intera vicenda riveli gravi falle nel sistema di prevenzione e gestione del rischio sul territorio.