Condividi:
LETTOMANOPPELLO – «I colpi sono partiti per sbaglio». Così Antonio Mancini, 69 anni, ha provato a giustificare il gesto che giovedì pomeriggio ha tolto la vita all’ex moglie Cleria Mancini, 66 anni, e ferito gravemente il nipote di dodici. Lo ha detto dal carcere di San Donato, durante il primo colloquio con il suo avvocato, Marcello Cordoma.
L’uomo, descritto come lucido ma privo di reale pentimento, sostiene di non ricordare nulla di ciò che è accaduto dopo lo sparo fatale.
«Avevo bevuto troppo, venti bicchierini di grappa», ha raccontato al legale. Un tentativo di spiegare quella che definisce una “follia momentanea”. Ma secondo la ricostruzione degli inquirenti, non di un raptus si è trattato, bensì di un disegno criminale pianificato e proseguito per ore.
Il pomeriggio di sangue
Quel pomeriggio Mancini si aggirava nel centro di Lettomanoppello a bordo della sua carrozzina elettrica. Cercava il figlio Camillo, con cui non parlava da anni. Sul corso ha incrociato l’ex moglie Cleria e il nipote, intenti a passeggiare con i loro cani.
Secondo i testimoni, ha estratto una pistola Beretta Parabellum calibro 9, urlando minacce: «Vi ammazzo tutti!» — poi il colpo secco al petto della donna, dritto al cuore. Il bambino è riuscito a ripararsi dietro un’auto: il proiettile successivo ha infranto il lunotto, mancandolo per pochi centimetri.
La fuga e il caos
Dopo l’omicidio, Mancini è fuggito sulla carrozzina verso il bar Bivio, dove ha puntato l’arma contro i clienti. Poi ha raggiunto Turrivalignani, seminando panico in un altro locale e nel ristorante La Rosa dei Venti.
Lì ha esploso altri colpi verso la chiesa di Santo Stefano e contro l’auto di un uomo con cui aveva avuto vecchi contrasti.
L’intera sequenza è stata ripresa dalle telecamere di sorveglianza: un percorso di violenza che ha mostrato la lucida determinazione di un uomo in preda all’odio, non all’alcol.
L’arresto e le accuse
Circondato dai carabinieri, Mancini ha brandito ancora l’arma, sfidando le forze dell’ordine: «Venite a prendermi!». È stato immobilizzato e disarmato dopo alcuni minuti di tensione.
Ora è accusato di omicidio volontario, tentato omicidio aggravato, minacce e resistenza a pubblico ufficiale. Il pm Giuliana Rana parla di «un’unica azione esecutiva del medesimo disegno criminale».
Ossessioni e deliri
Negli ultimi anni Mancini aveva trasformato la sua rabbia in un’ossessione. Su profili social e chat private scriveva di essere perseguitato dallo Stato e di avere “un neurone impazzito che gli invadeva il cervello”.
Un delirio che, sommato all’alcol e all’isolamento, si è trasformato in tragedia.
L’udienza di convalida
Questa mattina, alle 9, è attesa l’udienza di convalida dell’arresto. L’uomo resta detenuto a Pescara.
«È dispiaciuto, ma non pentito», ha riferito l’avvocato Cordoma.
La vita di Cleria Mancini, invece, si è fermata in un istante: un solo colpo, il cuore spezzato.
L’uomo, descritto come lucido ma privo di reale pentimento, sostiene di non ricordare nulla di ciò che è accaduto dopo lo sparo fatale.
«Avevo bevuto troppo, venti bicchierini di grappa», ha raccontato al legale. Un tentativo di spiegare quella che definisce una “follia momentanea”. Ma secondo la ricostruzione degli inquirenti, non di un raptus si è trattato, bensì di un disegno criminale pianificato e proseguito per ore.
Il pomeriggio di sangue
Quel pomeriggio Mancini si aggirava nel centro di Lettomanoppello a bordo della sua carrozzina elettrica. Cercava il figlio Camillo, con cui non parlava da anni. Sul corso ha incrociato l’ex moglie Cleria e il nipote, intenti a passeggiare con i loro cani.
Secondo i testimoni, ha estratto una pistola Beretta Parabellum calibro 9, urlando minacce: «Vi ammazzo tutti!» — poi il colpo secco al petto della donna, dritto al cuore. Il bambino è riuscito a ripararsi dietro un’auto: il proiettile successivo ha infranto il lunotto, mancandolo per pochi centimetri.
La fuga e il caos
Dopo l’omicidio, Mancini è fuggito sulla carrozzina verso il bar Bivio, dove ha puntato l’arma contro i clienti. Poi ha raggiunto Turrivalignani, seminando panico in un altro locale e nel ristorante La Rosa dei Venti.
Lì ha esploso altri colpi verso la chiesa di Santo Stefano e contro l’auto di un uomo con cui aveva avuto vecchi contrasti.
L’intera sequenza è stata ripresa dalle telecamere di sorveglianza: un percorso di violenza che ha mostrato la lucida determinazione di un uomo in preda all’odio, non all’alcol.
L’arresto e le accuse
Circondato dai carabinieri, Mancini ha brandito ancora l’arma, sfidando le forze dell’ordine: «Venite a prendermi!». È stato immobilizzato e disarmato dopo alcuni minuti di tensione.
Ora è accusato di omicidio volontario, tentato omicidio aggravato, minacce e resistenza a pubblico ufficiale. Il pm Giuliana Rana parla di «un’unica azione esecutiva del medesimo disegno criminale».
Ossessioni e deliri
Negli ultimi anni Mancini aveva trasformato la sua rabbia in un’ossessione. Su profili social e chat private scriveva di essere perseguitato dallo Stato e di avere “un neurone impazzito che gli invadeva il cervello”.
Un delirio che, sommato all’alcol e all’isolamento, si è trasformato in tragedia.
L’udienza di convalida
Questa mattina, alle 9, è attesa l’udienza di convalida dell’arresto. L’uomo resta detenuto a Pescara.
«È dispiaciuto, ma non pentito», ha riferito l’avvocato Cordoma.
La vita di Cleria Mancini, invece, si è fermata in un istante: un solo colpo, il cuore spezzato.