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Sembrava aver appeso le ali al chiodo, ma il “Falco” è tornato a volare. Mario Ferri, l’attivista pescarese conosciuto per le sue clamorose invasioni di campo, ha colpito ancora. Stavolta lo scenario è quello di Oslo, durante la partita di qualificazione ai Mondiali 2026 tra Norvegia e Israele, un match ad altissimo livello di sicurezza.
Eppure, nemmeno l’intelligence israeliana né i militari appostati sui tetti dello stadio Ullevall sono riusciti a fermarlo. Con la consueta maglietta di Superman e il messaggio “Free Gaza” stampato sul petto, Ferri è riuscito a penetrare le barriere e a piombare in campo sotto gli occhi attoniti degli spettatori.
L’azione, però, stavolta gli è costata cara: bloccato dagli agenti, è finito in ospedale con un taglio al polso. Nulla di grave, come ha voluto precisare lui stesso con un post ironico e provocatorio: una foto sorridente e la didascalia “Otto punti, ma vi frego sempre”.
Da vent’anni Ferri trasforma i campi da calcio in palcoscenici di protesta. Tutto cominciò nel 2005, in un Pescara–Sambenedettese, per chiedere la convocazione di Cassano in Nazionale. Da allora, il “Falco” ha sorvolato stadi di mezzo mondo: dalla bandiera arcobaleno e lo slogan “Save Ukraine” mostrati ai Mondiali del Qatar 2022 – gesto che gli valse l’arresto e la liberazione solo dopo l’intervento del presidente della FIFA Infantino – fino alle sue missioni umanitarie in Africa, Ucraina, Turchia e Palestina.
Negli ultimi anni aveva promesso che quella del Qatar sarebbe stata la sua “last dance”. Ma chi conosce Mario Ferri sa che il “Falco” non smette mai davvero di volare.
E anche a Oslo, sotto i riflettori della politica e della tensione internazionale, il suo grido ha trovato un modo per farsi sentire: libero, rumoroso e inarrestabile.